Tema fastidioso, imbarazzante, irritante: ma sempre costante

  1. Ho esitato a lungo prima di scrivere un libro sulla donna. Il soggetto
    è irritante, soprattutto per le donne
    ; e non è nuovo. Il problema del
    femminismo ha fatto versare abbastanza inchiostro, ora è pressoché
    esaurito
    : non parliamone più. Tuttavia se ne parla ancora. E non pare
    che le voluminose sciocchezze spacciate durante l’ultimo secolo abbiano
    fatto gran luce sul problema. D’altra parte c’è davvero un problema?
    Qual è?
  2. Non è facile cogliere la poliedricità della presenza delle donne nel mercato del lavoro e l’impatto dei profondi cambiamenti che l’hanno investita negli ultimi decenni […]. Ancora meno facile è individuare con precisione le discriminazioni e le disuguaglianze basate sul genere, soprattutto in una società complessivamente ineguale […]. Sui percorsi lavorativi femminili pesa infatti il cumulo di diseguali opportunità di accesso a risorse di diverso tipo, che non sempre è facile distinguere e affrontare. Tanto più che i discorsi sulle disuguaglianze e le discriminazioni di genere sono considerati fastidiosi ed imbarazzanti. Non sono temi di cui si discute con facilità, tanto diffusamente quanto imporrebbe il ritardo del nostro paese nelle politiche di inclusione femminile e nella valutazione dell’impatto sociale di una marginalità economica delle donne tanto prolungata ed estesa. Spesso sono le stesse donne a provare disagio nell’affrontare questi temi, o ad esprimere disinteresse e perfino opinioni segnate da stereotipi e pregiudizi ancora così profondamente radicati nella nostra cultura da produrre un poderoso attrito nel processo di mutamento della società."

 

Un brano è tratto dall’introduzione a "Il Secondo Sesso" di Simone De Beauvoir del 1949 (praticamente 60 anni fa) e l’altro dall’introduzione a "Donne al lavoro" di Maria Letizia Pruna del 2007. Sta a voi decidere quale è l’uno e quale è l’altro.

Fa impressione prendere un testo di sessanta anni fa e leggere pensieri perfettamente adattabili al pensiero e all’atteggiamento corrente nei confronti del tema della donna nella società. E’ ancora più impressionante nella misura in cui la donna che legge si riconosce perfettamente nel sentimento di disagio descritto dalle due autrici: perché il disagio esiste? Perché non è cambiato niente? Forse perché in Italia ci si scontra ancora con la prassi della donna che sceglie o lavoro o famiglia. E se sceglie il lavoro viene guardata con sospetto. Ci si scontra con un sistema di welfare che non è mai stato migliorato al passo con il fenomeno dell’occupazione femminile, arrestando quest’ultimo o alle volte addirittura provocandone un regresso. Ci si scontra con quelle che Giuditta Brunelli (autrice di "Donne e Politica") definirebbe "discriminazioni indirette", secondo una terminologia giuridica: ad esempio la riforma scolastica per cui gli studenti italiani ora stanno lottando va a tagliare drasticamente i posti di lavoro in un settore tipicamente femminile, grazie all’introduzione del "maestro unico" (non si sa perché, poi, maestro e non maestra a questo punto…).

E ci si scontra con la domanda: perché le donne che lavorano vanno ad inserirsi per lo più in certi settori piuttosto che in altri? Domanda banale e superficiale. Per rispondervi si torna alla questione della parità: come ci si può stupire che soggetti educati fin dalla nascita ad esser servili, compassionevoli, dediti agli altri piuttosto che a se stessi, dediti al culto della propria bellezza e civetteria, contemplativi piuttosto che attivi, vadano a ricoprire ruoli in cui queste caratteristiche sono richieste?

Sembra un po’ come quando ci tocca leggere sul giornale di turno (anche scientifico, ahimè) che l’ennesima equipe ha condotto delle ricerche dal risvolto stupefacente: i cervelli femminili adulti sono molto diversi dai cervelli maschili adulti! Le donne hanno tendenze a comportarsi in un modo diverso da quello degli uomini! O quale sorpresa!! Quale meraviglia!! Come non stupirsi che cervelli sottoposti per tutta la vita a stimoli diversi abbiano aree funzionali totalmente diverse!!

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2 risposte a Tema fastidioso, imbarazzante, irritante: ma sempre costante

  1. Mafalda scrive:

    [Non sono proprio d’accordo che le donne che scelgono il lavoro vengano ancora guardate con sospetto]
    E’ una realtà facilmente osservabile che quando una donna ha successo nel mondo del lavoro viene sempre preso in considerazione il fatto che non può essere una buona madre e una buona moglie. Valanghe di riviste patinate e giornali quotidiani quando parlano di donne in carriera toccano il tema: vediamo com’è Tizia Caia a casa! Chissà se ha figli, se sta loro dietro, se prepara loro da mangiare! Chissà se suo marito trova le pantofole calde quando torna a casa! Chissà se ha un marito!!!!
    Come se una donna che non è madre e/o non si sposa non fosse una donna. Come se una donna che ha un compagno debba fargli da babysitter. Come se una donna che riesce a far vivere la propria autocoscienza non possa essere donna, non sia “femminile”, sia “mascolina”, “virile”, “con le palle”, o “clitoridea” invece di “vaginale” come diceva Freud.

  2. Metropolis scrive:

    Non sono proprio d’accordo che le donne che scelgono il lavoro vengano ancora guardate con sospetto: direi che bisogna distinguere il lavoro. Molti lavori sono “socialmente accettati”, e sono certo quelli “tipicamente femminili”.
    Sta di fatto che comunque a parità di lavoro e mansioni le donne sono penalizzate rispetto agli uomini, da diversi punti di vista: la carriera, lo stipendio, i diritti (soprattutto le donne in gravidanza o con figli). E alla fine non si tratta di scegliere tra lavoro e famiglia, ma tra famiglia e basta e famiglia+lavoro.

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