Spogliarsi

Ariel Levy, giornalista statunitense, riporta in "Sporche Femmine Scioviniste. L’irresistibile Ascesa Della Raunch Culture" (2007) una sua intervista a Christie Hefner, figlia ed erede del fondatore di "Playboy". Attualmente, infatti, è la presidentessa e direttrice della rivista patinata che tutti conoscono e il cui simbolo è il coniglietto che molti e – ahimé – molte indossano come fosse una griffe.

"Non puoi mostrare il nudo maschile nei film e cavartela con un semplice vietato ai minori di 14 anni. Non puoi usare nudi maschili in pubblicità come si fa con i nudi femminili senza aspettarti delle critiche. In altre parole, persistono delle differenze perché gli uomini si sentono ancora a disagio all’idea di essere oggetto delle fantasie e degli sguardi delle donne".

Questo spiegherebbe perché così raramente gli uomini sognino di apparire sulle pagine di "Playgirl", a differenza delle donne, o perché non ci sono così tanti uomini disposti a infrangere i tabù, a farsi fotografare dicendo: "Che vuoi che sia! E’ solo una foto". Ma non spiega affatto perché le donne comprino la rivista, tutti i gadget col coniglietto… quello spettacolo. Non è ben chiaro cosa le attragga. Personalmente penso che c’entri più con la convinzione che Christie Hefner ha limpidamente definito così: l’unica alternativa a leggere "Playboy" (o […] a farsi impiantare il silicone, o a comprare i libri di Jenna Jameson [attrice pornografica]) sarebbe vivere male la propria sessualità. In quest’ottica la cultura raunch, non è più un’occasione per divertirsi, ma è una spia della nevrosi femminile.

Vien da chiedersi perché le donne d’oggi sembrano tutte volersi spogliare o davanti a un obiettivo o per uscire di casa: nei posti di lavoro si osservano donne truccate, scollate, con gambe in vista, tacchi alti, così come nelle strade e la sera le donne si mostrano ancora meno vestite e più agghindate. Vien da chiedersi perché gli uomini non sentano il bisogno di spogliarsi affatto. Al massimo si agghindano e truccano un po’.

Siamo bombardati di caricature per eccesso di femmine belle, nude e procaci e di maschi muscolosi, vestiti e aggressivi. Ovunque cacciatori tesi verso le prede, in tutti i manifesti pubblicitari, spot televisivi, film, telefilm, videoclip. Se una donna decide di sottrarsi a questa legge di bellezza e offerta del proprio corpo viene tacciata di essere puritana, di essere maschile persino. Gli uomini invece stanno ben attenti a non scoprirsi troppo, anzi a non scoprirsi affatto. E ci tengono a declamare quanto siano felici di poter godere della visione continua di tutte queste donne belle e nude. Libertà sessuale!

E le donne osservano le loro compagne che si spogliano per emularle e poter essere considerate quanto loro, perché ci sembra quasi di doverlo fare per potere ottenere attenzione di qualsiasi tipo. Eppure ci sentiamo offese quando vediamo tanto spargimento di cosce e culi perfetti perché sembrano volerci dire: SE NON SEI COSI’ NON SEI UNA DONNA E NON INTERESSI. 

La cultura pornografica che ci viene continuamente imposta ogni volta che ci accostiamo a qualsivoglia media è estremamente sessista. Se fosse almeno orientata ad entrambi i sessi la situazione sarebbe già più positiva. La realtà in cui siamo, invece, ci propone continuamente una pornografia orientata esclusivamente al consumo maschile, e questo non è dovuto semplicemente al fatto che si vedono più donne nude che uomini nudi. Fermarsi a questo sarebbe estremamente riduttivo e verrebbe interpretato come una condanna della pornografia per se. La pornografia propinataci usa la simulazione di cumshots, posizioni sessuali tipicamente preferite dai maschi (che alle femmine, generalmente, non provocano piacere), a volte persino stupri. Non vengono praticamente mai mostrate immagini pornografiche che, non solo siano rivolte, ma siano piacevoli per le donne.

Il messaggio che viene passato da tutto questo è: renditi bella per gli uomini che ti circondano. E si va incontro a grosse crisi di identità e fenomeni di massa a prima vista assurdi e inspiegabili – a meno di non ricorrere al consueto adagio "le donne sono inferiori".

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